18 Gennaio 2012
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“Una poltrona per due”: l’inchiesta di Report sul lavoro sommerso e la concorrenza sleale
Scrivo questo post sponsorizzato non perché sono un’accanita fan della Natuzzi (anche se la considero una delle aziende di più alto rilievo nel panorama italiano del mobile), ma perché ritengo che la denuncia di Pasquale Natuzzi e l’inchiesta di Report (che ugualmente stimo molto) portino alla luce uno dei problemi più attuali del nostro paese. L’economia dell’Italia sta andando a scatafascio, la produzione non riesce a stare al passo, ed il lavoro per l’italiano medio scarseggia (per non dire peggio!). L’Italia è un paese di artigiani, di molte piccole aziende che faticano ad andare avanti e di poche grandi aziende che hanno grandi difficoltà a crescere ulteriormente. Il motivo di tutto questo è il lavoro nero, l’evasione fiscale, ed i subappalti a catena di cui è anche facile perdere traccia.
L’inchiesta di Report “Una poltrona per due” (di cui vedete il video qua sopra), ha messo in luce proprio uno dei problemi clou della produzione del made in Italy: il lavoro sommerso e la concorrenza sleale tra le aziende. Il made in Italy non è più tale perché accanto alla produzione dell’artigiano italiano si sono sviluppate aziende di terzisti che sfruttano il lavoro sottopagato di fronde di immigrati (a volte anche clandestini, che vengono tenuti a vivere in condizioni umane al di sotto della soglia di accettabilità), meno specializzati e meno pretenziosi degli italiani. Così, si è trasformato rapidamente ed inesorabillmente in “meid in Itali”, a scapito della produzione interamente realizzata a mano in Italia (quella degli artigiani storici).
Partita dal settore del divano, l’inchiesta inizia infatti a Forlì nel 2007, proprio da due artigiane coraggiose che avevano denunciato il sistema della concorrenza sleale e della violazione delle norme etiche e legali (ovvero del collegamento tra i grandi poltronifici italiani e lo sfruttamento della manodopera di operai cinesi – sottopagati e spesso clandestini in Italia), riuscendo infine a portarlo davanti alla magistratura, oltre che all’attenzione dell’opinione pubblica.
Lo sfruttamento (illegale) della manodopera cinese ed i prezzi concorrenziali che i cinesi proponevano alle aziende italiane del settore (in particolare nel settore del distretto del divano di Forlì), avevano costretto molti artigiani locali a licenziare e a chiudere l’attività, a tutto svantaggio della produzione «di qualità» interamente made in Italy.
I rari controlli delle forze di polizia hanno confermato l’esistenza del fenomeno: i cinesi riuscivano a produrre a prezzi dimezzati grazie allo sfruttamento dei propri connazionali, talvolta clandestini, costringendoli a lavorare in nero e a cottimo ed “ospitandoli” in dormitori attigui ai capannoni. Questo a vantaggio, naturalmente, di alcune grandi aziende che utilizzavano questo metodo di produzione aumentando così i propri margini di profitto ma penalizzando l’artigianato locale che non era disposto a scendere a prezzi stracciati al di sotto della soglia minima ammissibile. Dall’altra parte c’è il consumatore, anch’egli penalizzato, in quanto convinto di acquistare un prodotto interamente made in Italy che invece non ha nessuna garanzia di qualità e di rispetto dell’etica.
E’ in questo clima che emerge la denuncia di Pasquale Natuzzi, fondatore del Gruppo Natuzzi, azienda leader del settore del mobile imbottito:
“Noi siamo ancora i leader al mondo, io mi auguro che continuiamo a mantenerla perché noi purtroppo facciamo molta fatica a crescere, mentre i cinesi crescono a due cifre l’anno.” (….)
[Abbiamo] 3.200 dipendenti in Italia e poi abbiamo anche fabbriche dipendenti nel resto del mondo. Gli altri non hanno produzione interna, ma affidano praticamente a terzi le lavorazioni e quindi loro non sono responsabili se non quello di utilizzare dei terzisti che non rispettano le regole. C’è una corresponsabilità in questo, se io so di acquistare un prodotto, di dare lavoro ad una impresa che non rispetta la legalità, io sono corresponsabile. Come possono i nostri concorrenti promuovere e vendere prodotti a prezzi che noi non riusciamo neanche a coprire i costi dei materiali, è assurdo, è impossibile. (….)
[Produrre divani] E’ un lavoro artigianale per cui il costo della manodopera incide molto, chi utilizza imprese che non rispettano le regole riesce ad avere un vantaggio competitivo incredibile….” (dal PDF dell’inchiesta di Report, direttamente scaricabile dal sito Rai Report)
La Natuzzi, quindi, produce interamente all’interno delle proprie fabbriche, con artigiani specializzati ed un costo del lavoro molto più elevato: questo vuole sottolineare Pasquale Natuzzi. La conclusione di questa pappardella è che chi produce in proprio e “regolarmente” ha costi molto più elevati di chi affida il lavoro ai cosiddetti terzisti (spesso cinesi ed irregolari), subendo quella che egli ha definito “concorrenza sleale”. Le aziende che sono in grado di applicare prezzi più bassi, dunque, sono quelle che si avvalgono di terzisti (spesso evadendo le tasse) ed utilizzando materiali più scadenti e manodopera meno specializzata. La battaglia di Pasquale Natuzzi, che dall’inchiesta di Report viene fuori in tutta la sua forza ed autenticità, tiene a sostenere l’originalità del made in Italy (contro il “meid in itali”) da una parte, del lavoro regolarmente retribuito e del rispetto delle leggi, del lavoro e delle persone, dall’altro. Il problema del lavoro sommerso e dell’illegalità ha un riscontro diretto sulla società e sull’economia del nostro paese, così diventa difficile, per chi invece rispetta le leggi e le persone, riuscire a sopravvivere e continuare a crescere conservando l’etichetta made in Italy.
A me piacerebbe che la qualità italiana nel settore dell’arredo conosciutae stimata nel mondo continuasse non solo ad esistere, ma a rimanere all’altezza della sua fama. Ed è quindi con piacere che ho scritto questo articolo.
Mammachetesta
18 Gennaio 2012 at 15:21Amen. Come si applica all’insù storia del mobile si può applicare il ragionamento da molte altre e concordi in pieno con quanto dici.
Mammadesign
18 Gennaio 2012 at 15:41Esatto. Una delle ragioni per cui l’Italia va a rotoli…. Siamo un paese di artigiani, non dimentichiamolo!
Irene
20 Gennaio 2013 at 13:05Giusto, però ora molte aziende italiane stanno purtroppo producendo i loro prodotti all’estero, in quanto la manodopera italiana “costa troppo” un esempio la Calligaris, leader nella produzione di complementi d’arredo produce molto in Corazia.