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Wabi-sabi: il fascino dell’impermanenza.

Mi affaccio in questo spazio, timidamente, dopo settimane di silenzio.

Non che non avessi niente da dire, tutt’altro: tante cose hanno affollato la testa e le giornate da luglio ad oggi, in un turbine di eventi e pensieri che ho faticato a governare. Così ho scelto il silenzio, per riconnettermi e riprendermi fisicamente e mentalmente.

Inaspettati problemi di salute, ferie estive alle quali nessuno ha voluto rinunciare, un trasloco improvviso hanno rallentato ogni altra attività; ho preso un periodo di sospensione e cercato di rimettere ordine, alleggerire, eliminare, recuperare il nocciolo delle cose, ritrovare il filo sottile che unisce gli anni, nel tempo e nello spazio. Il cosiddetto bandolo della matassa, insomma.

Chissà se l’ho trovato! (sono ancora al lavoro, in realtà)

Una cosa è certa: sto recuperando la salute, il nuovo appartamento inizia ad avere una forma, rido con rinnovato gusto, mi sto liberando da tutto quello che pesa in maniera eccessiva (a partire dai capelli, come tutte le donne! :D), sento insomma di avere di fronte un periodo di esaltanti nuovi inizi, lavoro da fare, impegno e rinnovata energia per affrontare la (qui rigida) stagione invernale.

Con una nuova consapevolezza, visto quello che è successo: quella dell’impermanenza e della transitorietà delle cose. Della vita, forse. Eppure, della sua perfezione.

È da oltre un anno che medito questo articolo sull’estetica giapponese dello wabi-sabi; ma, come sempre succede, tutto viene fuori al momento giusto, ovvero quando sei pronto.

La premessa è la riscoperta del rustico e della semplicità, che puoi leggere in questo post dell’anno passato.

Quest’anno, come ad ogni ottobre, il soggiorno autunnale in Toscana ha suscitato riflessioni più profonde: mi sento pronta a parlare di wabi-sabi, o dell’estetica dell’impermanenza.

 

Cos’è il wabi-sabi?

 

La fioritura dei ciliegi in Giappone. Fonte immagine: tgtourism.

 

Hai presente la fioritura dei ciliegi? È tanto tempo che medito un viaggio in Giappone nel periodo della fioritura dei ciliegi. Dev’essere un incanto.

Ma perché i ciliegi? Cosa c’entrano con lo wabi-sabi?

Il ciliegio, pianta dai fiori delicati, regala al Giappone, al momento della fioritura, paesaggi incantati, quasi da fiaba, di una bellezza unica e rara. Ritratto spesso nella pittura giapponese il ciliegio è il simbolo della fragilità dell’esistenza, ma anche della bellezza e della rinascita (fiorisce in primavera). La sua fioritura, però, è un fenomeno transitorio, avviene cioè in un arco di tempo limitato e brevissimo.

Come il ciliegio, così è la vita.

Questa visione della realtà, descritta come “bellezza imperfetta, impermanente e incompleta” (Leonard Koren, Wabi-Sabi: for Artists, Designers, Poets and Philosophers. Stone Bridge Press, 1994) è definita wabi-sabi.

L’espressione deriva dai due ideogrammi giapponesi: 侘 (wabi) e 寂 (sabi). Wabi si riferiva in origine alla solitudine della vita nella natura, lontano dalla società; sabi significava “freddo, povero, appassito”. Due caratteri che avevano in passato un significato leggermente negativo, un po’ malinconico, ma che in seguito – sotto l’influenza del buddismo Mahayana – iniziarono a mutare, assumendo una connotazione positiva; il wabi-sabi venne inteso più nel senso di  liberazione dai beni materiali e come via verso una vita più semplice e spirituale. Oggi, wabi è usato per indicare la semplicità rustica allo stato originario, la purezza e il silenzio, mentre sabi è la bellezza che accompagna l’avanzare dell’età ed il trascorrere del tempo.

Benché l’arte ed il design occidentale, trasponendo il concetto agli oggetti, intenda il wabi-sabi in senso materiale, associandolo a caratteristiche fisiche quali la rozzezza, l’imperfezione, l’alterazione dovuta al tempo, la semplicità materica, il suo significato estetico va ben oltre le mere caratteristiche fisiche. Si tratta di un concetto che non può essere ridotto a “stile”, ma una vera e propria filosofia, un ideale estetico: il wabi-sabi è uno “stato della mente” che si rivela esternamente attraverso una bellezza austera, semplice, imperfetta, deperibile, malinconicamente appartata, rustica, umile. Un’esistenza che sottovoce percorre questo mondo lasciando un segno di armoniosa serenità.

Il giardino zen è una delle più tipiche espressioni di questa dimensione estetica contemplativa del flusso del tempo e dell’impermanenza del reale.

 

Giardino zen. Fonte immagine: homedesignlover.

 

E negli interni? Si può parlare di stile wabi-sabi?

Il wabi-sabi negli interni

 

Axel Vervoordt, via tumblr.

 

Difficile codificare ciò che identifica lo “stile” wabi-sabi, trattandosi di un ideale estetico, di un mood, più che di uno stile nel senso occidentale del termine. Parlerei preferibilmente di tendenza volta alla ricerca di una bellezza semplice ed austera, imperfetta per sua propria natura.

Così, nella progettazione e decorazione d’interni wabi-sabi, prendono vita ambienti quasi vuoti e privi di clutter nei quali spicca l’uso di oggetti in materiali naturali, rustici, tradizionali e deteriorati dal tempo (imperfetti) quali il legno grezzo, la pietra, tessuti poco lavorati, piante e rami scarni come nelle pitture giapponesi.

 

Immagine via digsdigs.com.

 

La patina del tempo è impressa sugli oggetti d’arredo, deteriorati, imperfetti, semplici come gli strumenti tradizionali delle nostre campagne, mentre le strutture portano i segni del tempo che scorre (intonaci rovinati, colori della terra, assi di legno di recupero, pietra antica).

 

Immagine via Dzine Trip.

 

Immagine via digsdigs.

 

 

Immagine via Pinterest.

 

Immagine via Dzine Trip.

Immagine via Digsdigs.com.

Immagine via wabisabi-style.blogspot.se

Imparare a vedere l’invisibile.

Essendo il wabi-sabi un’estetica legata all’introspezione, gli ambienti sono spesso scuri, in penombra, luoghi intimi in cui la luce entra improvvisa e drammatica da finestre o fessure nella muratura andando ad illuminare l’imperfezione dell’oggetto; non trovando in esso superfici riflettenti viene assorbita dalla materia, scomparendo alla vista e “nutrendolo”.

L’invisibile, attraverso la luce, diventa visibile in tutto il suo fascino.

 

Immagine via Digsdigs.

 

Immagine via Digsdigs.

 

Immagine via Tumblr, Decor-demon.

 

Immagine via Digsdigs.

Interpretazioni contemporanee.

Da amante degli ambienti luminosi, del bianco e del contemporaneo mi sento di poter dire che possiamo utilizzare oggetti dal design rustico e dalla bellezza senza tempo anche in interni chiari, che richiamano il gusto delle nostre case di campagna. È un’interpretazione certamente occidentale, ma ugualmente piena di fascino ed intrinseca bellezza. La quale, d’altronde, altro non è che la rivelazione di un sentire, l’esternazione di un mutamento interiore potente e profondo capace di generare un’onda che si riflette nella realtà esterna. È l’apprezzamento della sfumatura e  dell’imperfezione che rende lo spazio che viviamo unico nel suo genere. È il momento presente che si inserisce nel flusso del tempo acquistando nuovo valore.

 

Immagine via Digsdigs.

 

Immagine via Digsdigs.

 

Immagine via Pinterest.

 

Immagine via Blogovin’.

 

Ti lascio con le belle immagini scattate dalla fotografa Paulina Arcklin di questo bellissimo ristorante a Copenhagen  (clicca sul link per vederle tutte).

 

Ristorante Host a Copenhagen. Credits: Paulina Arcklin.

 

 

E tu? Conoscevi già l’estetica dello wabi-sabi? Cosa ne pensi? Ti piace per gli ambienti d’abitazione? Riusciresti a viverci?

 

 

 

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2 Comments
  • Ornella Vicentini

    4 Dicembre 2017 at 14:14 Rispondi

    Bellissimo articolo e bellissime immagini. Grazie Dalia!

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